CGIL
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
XIII Congresso Nazionale
IL NUOVO PROGRAMMA FONDAMENTALE DELLA CGIL
Capitolo VIII
Un impegno rinnovato per l'Europa
L'impegno per la costruzione di una grande Europa unita e
solidale costituisce un obiettivo prioritario. L'Europa non può
assumere le sfide di questo fine secolo senza superare lo stato
di confusione, di divisione, di perdita di identità che ne
caratterizzano la condizione attuale. Il processo di costruzione
europea deve riprendere nel quadro di un progetto che non può
essere solo economico, ma deve fondarsi su un nuovo modello
politico e istituzionale.
Nel corso degli anni 90 il quadro di riferimento europeo è
diventato sempre più contraddittorio e, al tempo stesso,
ineludibile. L'accelerazione dei processi di mondializzazione dei
mercati e, in primo luogo, la liberalizzazione dei mercati
finanziari, ha indebolito fino a rendere, per alcuni aspetti,
evanescente la sovranità economica degli stati nazionali. Le
grandi imprese multinazionali dominano sempre di più a livello
mondiale la produzione di merci e servizi. La liberalizzazione
dei mercati valutari e dei capitali mobilita risorse di tali
dimensioni da rendere inconsistente l'autonomia delle banche
centrali nazionali.
Si tratta di un processo che trae forza dalla rivoluzione
tecnologica dell'informazione e delle comunicazioni, ma anche
potentemente rafforzato dalla nuova realtà politica mondiale
caratterizzata dalla fine del bipolarismo e dall'affermazione di
una politica e di un'ideologia neoliberiste che pongono la logica
dei mercati al di sopra delle istituzioni e delle regole che,
dopo Bretton Woods, avevano per alcuni decenni governato i
processi di interdipendenza e la progressiva apertura dei
mercati.
In questo quadro di straordinari cambiamenti, I'Unione europea,
consacrata a Maastricht alla fine del '91, non è stata in grado
di reggere le sfide dell'economia e della politica aperte dalla
accelerazione della globalizzazione e dal collasso del sistema
sovietico. L'unificazione tedesca è rimasto il fatto storico più
rilevante di questi anni. Ma, mentre con l'unificazione, la
Germania riacquistava la centralità geopolitica ed economica
nella nuova Europa, la Comunità europea vedeva accrescersi le sue
difficoltà di governo dei processi economici e politici. La
recessione economica dei primi anni 90 innalzava drammaticamente
i livelli di disoccupazione. L'incapacità di controllare in modo
coordinato le politiche monetarie e del cambio portavano fra il
'92 e il '93 all'esplosione dello Sme. L'insistenza ossessiva
sulle politiche antinflazionistiche e di restrizione fiscale,
anche nei paesi cosiddetti "virtuosi", per un verso ha prolungato
e intensificato la recessione del '93, per l'altro ha indebolito
la ripresa che avrebbe dovuto rilanciare la crescita e
l'occupazione a ritmi elevati e duraturi. Si è assistito, in
questo quadro dominato dalle politiche monetarie della Banca
centrale tedesca e dell'Ecofin (il Consiglio dei ministri delle
Finanze dell'Unione), alla sostanziale vanificazione del Libro
Bianco di J. Delors che intendeva associare alle politiche di
equilibrio della finanza pubblica un primo coordinamento delle
politiche economiche a livello sovranazionale nei campi degli
interventi nelle grandi reti infrastrutturali, del sostegno ai
settori di punta, delle politiche della ricerca e della
formazione.
Nel campo politico, gli avvenimenti nella ex Jugoslavia e
l'atroce guerra in Bosnia sono stati a loro volta una
testimonianza drammatica dei limiti e degli errori della Comunità
e, in questo caso, dei paesi più importanti, a cominciare dalla
Germania, protagonista di riconoscimenti di indipendenza - come
quelli della Croazia - in situazione di conflittualità interna
alle (e fra le) diverse repubbliche jugoslave.
La Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato di
Maastricht si è aperta nella primavera del '96 in questo quadro
critico e alle soglie di una fase durante la quale si decideranno
i destini dell'Europa per i prossimi decenni. Fra il '96 e il
2000 si deciderà sull'Unione economica e monetaria, sull'avvio
del processo di allargamento ai paesi dell'Europa centro-
orientale e meridionale, sulla politica della difesa (i rapporti
Ue-Ueo-Nato), sulle risorse finanziarie di cui disporrà l'Unione,
e innanzitutto sul quadro istituzionale che dovrà presiedere
all'insieme di questo passaggio. E specificamente quest'ultimo il
compito della Conferenza intergovernativa, chiamata a definire
dallo stesso Trattato di Maastricht, la nuova configurazione dei
poteri e delle competenze dell'Unione. II conflitto rimane aperto
fra le posizioni che concepiscono l'Unione come una grande zona
di libero scambio dominata dall'ideologia neoliberista di
tradizione thatcheriana e quelle che concepiscono l'Unione come
una Comunità di tipo federale contrassegnata da poteri e
competenze effettivamente sovranazionali.
La Cgil è per una Comunità più democratica, più trasparente e più
efficace, governata da un Consiglio che decide a maggioranza
qualificata, da un Parlamento dotato di effettivo potere di
codecisione in campo legislativo, di una Commissione ristretta e
autorevole in grado di esercitare le funzioni di un vero e
proprio esecutivo.
Si tratta di una rivoluzione politica e istituzionale che, sia
pure in un quadro di sussidiarietà, trasferisce un crescente
numero di attribuzioni sovrane dagli stati nazionali alle nuove
istituzioni sovranazionali. II disegno di avanzamento
nell'integrazione europea, che oggi trova - sia pure con
importanti accenti diversi - I'accordo di Francia e Germania e di
una corona di paesi minori (dall'Austria al Benelux), è l'unica
risposta a una prospettiva di declino, di frammentazione, di
conflitti potenziali che oggi - nell'epoca della globalizzazione
e della creazione di nuove egemonie - minaccia il futuro
dell'Europa.
II dibattito sui tempi e i modi dell'integrazione (le diverse
velocità, le "geometrie verticali") ha il suo centro sostanziale
nell'alternativa tra un'Unione contrassegnata da una dinamica
sovranazionale, federalista, e un coacervo di istituzioni alle
quali Stati diversi possono aderire o non aderire in rapporto ai
diversi obiettivi e alle rispettive (contingenti) convenienze. E
questa l'Europa definita "à la carte". Per sfuggire a questa
deriva un numero significativo di paesi forti, a partire da
Germania e Francia, e di paesi minori disponibili, debbono
rafforzare, democratizzare, rendere efficienti le istituzioni
esistenti, assumendo l'obiettivo di associare all'Unione
monetaria una vera e propria unione economica, sociale e
politica. Un'Unione che integri progressivamente i "Pilastri"
della politica estera e della difesa, della giustizia e delle
politiche interne connesse alla libera circolazione delle
persone, all'immigrazione, alla lotta alla criminalità
organizzata.
Parte integrante dell'integrazione europea è dunque
l'unificazione delle politiche sociali a partire dalla
definizione dei cardini essenziali delle garanzie sociali e
collettive (sanità, previdenza, istruzione, diritti sul lavoro e
mercato del lavoro ecc.) su cui incentrare l'edificazione dello
Stato sociale europeo corrispondentemente a vincoli unitari di
riferimento per la spesa sociale che debbono presiedere
all'unificazione economica e monetaria.
E intorno a un'Unione fortemente coesa dal punto di vista
istituzionale, economico, sociale, politico che dovrà svilupparsi
un processo di allargamento progressivo in tempi necessariamente
differenziati, fino a comprendere trenta paesi, e oltre,
nell'intero continente. E il processo che si definisce di
"integrazione flessibile", dove per flessibilità deve intendersi
una progressione temporale nell'adesione alle diverse politiche,
ma mantenendo un quadro istituzionale centrale e unico. In questo
quadro di integrazione progressiva, l'Unione europea deve
sviluppare una politica di forte partenariato verso i paesi del
Sud e Sud-Est del Mediterraneo, e un ruolo particolare spetta
all'Italia dal punto di vista politico, economico, culturale. Un
rapporto di partnership decisivo per il futuro dell'Europa e dei
nuovi rapporti globali deve essere stabilito nei confronti della
Russia, la cui stabilità, crescita economica e democratica, torna
a essere un asse degli equilibri fra l'Europa e il resto del
mondo.
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