1. Le grandi trasformazioni e ristrutturazioni dell'impresa negli
anni 80 hanno mostrato come, a fronte di questi processi, sia necessario un forte consenso
dei lavoratori.
Le esperienze di partecipazione sono maturate proprio nel cuore stesso dei processi di
ristrutturazione aziendale.
Una parte del movimento sindacale parte da queste constatazione per criticare l'esperienza
partecipativa.
Questa tesi va contrastata: occorre lavorare perché il metodo della partecipazione evolva
e divenga sistema generale.
2. E' necessaria una legge di sostegno in
particolare per la partecipazione alla gestione di impresa, come prevede lo stesso art. 46
della Costituzione.
Occorre andare aldilà della pur significativa esperienza dei Comitati Aziendali Europei.
L'esperienza tedesca, la cui norma attribuisce ai rappresentanti di tutti i lavoratori una
presenza all'interno dei Comitati di sorveglianza delle imprese medio grandi che svolgono
una funzione di orientamento strategico e di controllo della gestione, potrebbe essere
introdotto per via legislativa.
3. Il passaggio dalla gestione diretta alla funzione di indirizzo e sorveglianza è già stato attuato dal sindacato negli Enti Previdenziali. Questo ruolo - dopo la prima fase di sperimentazione che ha prodotto contrasti - oggi si sta esprimendo con effetti positivi sia rispetto alla gestione sia riguardo alla rappresentanza degli interessi del mondo del lavoro. La scelta autonoma del sindacato di passare dalla gestione all'indirizzo e controllo non può concludersi con l'esperienza negli enti pubblici, ma deve essere proposta come modello di partecipazione responsabile nei vari settori del nostro sistema imprenditoriale.
4. Nel nostro paese la partecipazione dei nostri lavoratori all'azionariato delle imprese è sempre stata osteggiata perché generatrice di una mutazione genetica del sindacato. Specularmente gli imprenditori hanno assegnato all'impresa la sola funzione di creazione della ricchezza, negando quella della responsabilizzazione del lavoro dipendente attraverso l'economia della partecipazione.
5. C'è per altro da rilevare la situazione paradossale per la quale lavoratori e Stato si accollano spesso gli oneri per consentire alle aziende di procedere a ristrutturazioni, per poi ritornare soggetti esterni, una volta che quelle stesse aziende producono e ricostituiscono margini di profitto da distribuire.
6. L'azionariato dei dipendenti è uno degli elementi della strategia della partecipazione che può rivelarsi utile per un cambiamento rilevante nel segno dell'assunzione di responsabilità.
7. In termini di politica economica la questione urgente da affrontare oggi rimane quella di trasformare quote retributive in risparmio da destinare all'investimento. Il decollo e la generalizzazione dei fondi pensione risponde a questa esigenza trasferendo nel sistema finanziario e produttivo quote accantonate e salario contrattuale.
8. La contrattazione di quote azionarie per i lavoratori avrà un suo valore sociale solo nel momento in cui perderà il suo carattere meramente finanziario e consentirà - con il voto di lista - la partecipazione ai destini dell'impresa da parte dei suoi dipendenti.
9. Pur tenendo conto delle diversità, non è difficile scorgere nel nostro sistema bancario, nell'Alitalia, nelle ferrovie, nell'ENEL, nelle Poste e nella RAI dati oggettivi che fanno di queste imprese interlocutrici naturali per un simile esperimento.
10. L'obiettivo sarebbe quello di favorire una partecipazione azionaria di proprietà collettiva dei dipendenti, dirigenti compresi, i quali a loro volta finanziano tale acquisto impegnando quote delle proprie retribuzioni o del TFR o rinunciando, anche parzialmente, ad aumenti contrattuali. Inoltre la presenza del capitale sociale garantisce ai lavoratori un ruolo diretto nel controllo del management.
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