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6. CONCERTAZIONE, POLITICA DEI REDDITI E LE ISTITUZIONI

1. Negli ultimi 5 anni la concertazione, ancorché definita negli accordi confederali, si è configurata come una pratica di fatto, con la quale le forze sociali sono state corresponsabilizzate nell'azione di risanamento economico e di lotta all'inflazione.
I risultati sono stati ampiamente positivi, verificati a livello nazionale ed internazionale, a testimoniare come questo modello deve necessariamente evolversi ed essere assunto in forma stabile, regolata e trasparente per essere in grado di dispiegare la propria efficacia sull'intero sistema economico e produttivo.

2. L'applicazione leale e rigorosa della politica dei redditi nata nel giugno del 1992 e completata con l'accordo del 23 luglio del 1993 ha sconfitto l'inflazione. Infatti grazie all'efficacia di quell'intesa in questi anni è stato possibile instaurare una spirale virtuosa in cui la moderazione salariale e la moderazione dei prezzi e delle tariffe si sono reciprocamente influenzati al ribasso.

3. Questo risultato sarà certamente il perno principale su cui ruoterà la verifica dell'accordo, oltre che della coerenza dei comportamenti dei soggetti sociali del lavoro, della produzione e del sistema finanziario. In quella sede occorrerà fare i conti con una spinta revisionista in senso negativo delle imprese che attribuiscono proprio al successo dell'azione promossa dall'intesa, la causa del suo esaurimento e dunque la richiesta del suo superamento.

4. Una visione meccanicistica, e fondamentalmente burocratica delle cose, fa dire che la politica dei redditi contiene in sé le cause del suo stesso esaurimento poiché nel momento in cui l'inflazione sarà arrivata vicina allo zero non ci sarà più bisogno di concertazione. Questo ragionamento è infondato.

5. La politica dei redditi non ha solo come obbiettivo l'inflazione zero: è anche - e forse soprattutto - un sistema di governo dell'economia. Come tale deve contenere anche regole coerenti di comportamento dei soggetti della concertazione perché l'inflazione non si ripresenti e perché lo stesso sviluppo sia coerente con gli obiettivi che il Paese intende perseguire. La politica dei redditi è la risposta democratica al problema della regolazione del mercato determinando indirizzi e qualità dello sviluppo.

6. Il problema è come ricondurre l'azione concertativa nell'ambito della dialettica democratica rispettando i diritti del legislatore. La dialettica Governo - Parlamento e l'azione concertativa sono sue momenti differenti. La dialettica tra governo e parti sociali esprime una volontà pattizia, che impegni l'esecutivo a sostenerne i contenuti davanti al legislatore.

7. Il sindacato deve definire l'autonomia del suo progetto di fronte ai governi, alle controparti e alle forze politiche. La rappresentatività che legittima a negoziare nei processi di concertazione dovrà essere misurata e certificata in tutti i settori.

8. La politica dei redditi ed il modello concertativo se da una parte consentono un confronto istituzionale regolato dalle procedure e non dai rapporti di forza, dall'altra non escludono il conflitto tra sindacato e governo.
Allo stesso modo non è per nulla escluso lo scontro negoziale con le controparti contrattuali. Anzi, una corretta applicazione del protocollo sulla politica dei redditi rende più chiare le ragioni del sindacato sulla politica salariale e sulle responsabilità del conflitto.
Con lo strumento della politica dei redditi, per la prima volta, il DIRITTO ALLA CONTRATTAZIONE è stato integrato dal DIRITTO ALLE QUANTITÀ' RETRIBUTIVE. Questa nuova condizione pattizia ha ridotto l'area del conflitto ed ha precisato meglio i contenuti delle aspettative legittime sia dei lavoratori attivi che dei pensionati.

9. La politica dei redditi è stata fin qui sperimentata quale strumento fondamentale per il risanamento economico, attraverso la riduzione drastica dell'inflazione.
Una bassa inflazione, vitale per il risanamento, funzionale alle imprese per lo sviluppo, decisiva per la competizione sui mercati internazionali. La politica dei redditi non è però la politica della recessione economica e produttiva: l'inflazione bassa deve anzi servire a creare tutte le condizioni esterne per ampliare la base produttiva, generare sviluppo e nuovo lavoro.
In una fase espansiva la bassa inflazione deve restare una costante, e quindi i fattori macroeconomici (salari, prezzi, tariffe) debbono essere regolati allo stesso modo.
E tuttavia una politica dei redditi che si limita a riprodurre se stessa a prescindere dalle fasi economiche, rischierebbe di entrare presto in crisi di credibilità se venissero a mancare effetti positivi quali sono quelli, nell'ordine, del lavoro e del salario. Abbiamo già avuto una fase di sviluppo senza lavoro, a cui si è aggiunto il salario aziendale senza contrattazione.

10. La sfida del prossimo futuro è questa: lo sviluppo che genera lavoro, ed una politica contrattuale - anche integrativa generalizzata - capace di incrementare la condizione base della tutela del reddito per ottenere una nuova distribuzione contrattata della ricchezza prodotta.
Questo auspicabile prossimo futuro deve realizzare inoltre una politica dei redditi capace di accompagnare ed orientare lo sviluppo del sistema produttivo. Anche in questo caso, la priorità non è più quella settoriale dello sviluppo, ma deve essere quella della massima redditività sociale della localizzazione degli investimenti.

11. Per tutto ciò che dipende o è influenzabile dall'azione pubblica, il Mezzogiorno deve essere il territorio decisamente prioritario di riferimento in termini economici, produttivi, sociali.
In definitiva, una politica dei redditi per lo sviluppo che assume il Mezzogiorno - e l'unificazione economica, sociale e produttiva dell'Italia - quale obiettivo di primario interesse nazionale.

12. Da anni, la strategia della UIL esclude l'esistenza di un problema specifico chiamato Mezzogiorno. Per la UIL c'è una GRANDE QUESTIONE DI PRIMARIO INTERESSE NAZIONALE CHE E' L'UNIFICAZIONE ECONOMICA, SOCIALE E PRODUTTIVA DELL'ITALIA.
Questa unificazione è possibile solo a condizione che le scelte nazionali si orientino sui punti di maggiore opportunità per creare imprese e sviluppo.
Il Mezzogiorno è quella parte del nostro Paese che dispone di territorio da recuperare, lavoro da offrire, realtà turistiche da valorizzare, aree di sviluppo per attività industriali, agricoltura da sviluppare, scuole e università da incrementare
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